Mendieta: “spesso le quote sono sbagliate, vi spiego però come i bookmakers guadagnano”

Prosegue la nostra intervista con il noto betting advisor Mendieta. La scorsa settimana ci ha regalato un’analisi molto attenta delle società di scommesse (per le quali ha lavorato ad alto livello) e dell’industria di settore.

Il coach ci regala alcuni consigli interessanti su come sia possibile battere i bookmakers.

Mendieta – la seconda parte dell’intervista

Dalla tua analisi precedente, è emersa chiara la tua convinzione che i bookmakers ed il mercato in generale (vedi betting exchange) non è un muro invalicabile per gli scommettitori. Ma levaci una curiosità: è ancora un modello di business sostenibile fare l’allibratore?

Se parliamo dei bookmakers commerciali (quelli più noti), i loro punti di forza sono: il marketing, la leva finanziaria e l’ignoranza degli scommettitori che continuano a fare gli stessi errori.

Ma come gestiscono i giocatori vincenti?

Era la seconda domanda che mi aspettavo. I vincenti, in genere, vengono bannati creando un grosso danno d’immagine per il settore. E se non sono bannati, sono comunque limitati nelle puntate.

Non so se sapete ma migliaia di scommettitori sono stati cacciati dal sistema negli ultimi anni in Spagna ed Inghilterra. Per questa ragione i più forti si sono lanciati nel Betting Exchange. In tal caso, il ban non c’è, c’è un problema di commissioni.

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Sei molto critico sulla gestione interna dei book.

La mia è solo una critica tecnica ed è una mia opinione personale: è un processo oramai automatizzato ma è sbagliato fin dal principio, dalla creazione delle quote che viene delegato a società esterne. Non c’è più il vecchio quotista con il suo istinto e le sue conoscenze dei mercati, con una gestione del rischio territoriale differenziata (fondamentale per le agenzie).

Rispetto a 20 anni fa, dal punto di vista delle conoscenze, il mercato ha fatto un passo in avanti o indietro?

La tecnologia ha fatto passi in avanti ma non basta. Sotto il profilo umano, il settore ha perso troppo sotto il profilo dell’esperienza e della preparazione tecnica della materia in senso stretto. C’è più marketing e finanza nelle multinazionali, ma meno tecnici esperti capaci di gestire il prodotto che è cruciale per le aziende del betting.

Almeno qui a Malta rimangono ex colleghi molto competenti all’interno dei book ma non tutti hanno carta bianca. Quello dell’oddsmaker sta diventando spesso una figura scomoda.

Perché?

Essendo una figura tecnica è difficilmente controllabile.

Quindi…

Nascono opportunità enormi per noi che siamo all’esterno, per noi avversari, per noi scommettitori.

In queste settimane hai mai pensato ad un errore grave che è stato commesso? Come fanno però i bookmakers a stare in piedi finanziariamente se prendono – di continuo – delle belle mazzate?

I margini si riducono sempre di più ed è un peccato, perché con un’elaborazione delle quote interne e con processi giusti, come avveniva un tempo, i margini sarebbero molto più alti.

Chi vince e chi perde nelle scommesse?

Vince chi sta attento ai prezzi, per fortuna per i bookmakers sono sempre pochi (il numero però continua a crescere): le quote sono molto spesso in apertura sbagliate. Non a caso capita di vedere delle modifiche in chiusura con variazioni, in termini percentuali, molto alte.

Cosa consigli?

Di studiare bene le quote in apertura, appena escono. Questa è la prima regola.

I bookmakers come guadagnano?

Per lo più dalle schedine, dai bollettari. E’ il modo più facile per perdere alle scommesse.

Ed i book in quali mercati perdono molto?

Nei live match. La gente vuole sempre più scommesse live ed i bookmakers per non perdere clienti gli garantiscono questo servizio che però non è facile da gestire. Ma spesso le quote sono automatizzate e sbagliate. La percentuale di errore non è altissima ma esiste. Non a caso nei live i payout dei bookmakers sono altissimi. In più quando fanno qualche cosa di strano in un evento sportivo, in genere le scommesse sospette oramai vengono piazzate durante i match, mai prima.

Cosa ti auspichi nel mondo delle scommesse?

Per il bene dell’industria che venga rivisto il processo di gestione del rischio perché così le società rischiano di compromettere il proprio futuro. I margini sono sempre più bassi ed i bookmakers terrestri rischiano di non stare in piedi, hanno payout che ogni anno sono sempre più alti e sono costretti a fare fusioni etc.

I governi con regole assurde e maggiori tasse, fanno il resto. Mi preoccupano molto le agenzie più che l’online, con il quale puoi avere anche una gestione del rischio più centralizzata, nel terrestre non è possibile.

Il mercato secondo me è a un bivio: o rivede i processi interni o rischia di gettare al vento un business miliardario.

Sei molto pessimista per il settore.

In realtà ottimita per gli scommettitori skillati. All’interno delle società di scommesse esistono sempre più burocrati (che arrivano dalle migliori università ma non sanno nulla della materia) e sempre meno tecnici. E’ come se nella Formula 1 venissero allontanati gli ingegneri per lasciare spazio a ricchi uomini d’affari ed esperti marketing. Capite bene che le macchine prima o poi rischiano di rimanere ai box.

Levaci una curiosità, perché hai deciso di usare il nickname Mendieta? Perché ti chiamano Mendieta?

Seguivo il Valencia quando sfiorò la vittoria della Champions ed aveva a centrocampo un mediano che sapeva far tutto: Mendieta ed era affiancato da gente affamata come Farinos. Mendieta arrivò poi alla Lazio, la mia squadra del cuore, ma non ditelo troppo in giro… (sono di Roma).

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